La villa
Il nome Villa Varda deriva dal toponimo di origine germanica warda, di una certa formazione medievale. Warda è stato tradotto in italiano in “Guarda” o “Guardia” ed è stato associato a diversi significati:
- “luogo d’osservazione”;
- “postazione di guardia”;
- “luogo di vedetta”.
Questi significati sarebbero pienamente giustificati dalla posizione privilegiata del luogo, posto nei pressi del fiume Livenza. La tesi della presenza di una qualche opera a guardia dell’abitato o delle strade o del vicino fiume (con tutta probabilità di tipo militare) è infatti, senza dubbio credibile, considerato il ruolo strategico che questa località ha assunto nei secoli scorsi.
Nella seconda metà del ‘400 i nobili Mazzoleni acquistarono dai Conti Principi di Collalto e dai Conti di Porcia le proprietà agricole del borgo di Guarda (o Varda) e vi costruirono la villa padronale: da quel momento, si cominciò a parlare di “Villa Varda”. L’identificazione del villaggio con il complesso economico del palazzo si completò definitivamente nel ‘700 quando la consuetudine decretò che l’edificio era per ormai tutti “Villa Varda”, eliminando dal nome qualsiasi riferimento ai proprietari della stessa.
Il parco
Il parco di Villa Varda assunse l’attuale configurazione nella seconda metà dell’Ottocento, quando Carlo Marco Morpurgo, appartenente ad una facoltosa famiglia di Trieste, acquistò la tenuta ed avviò gli interventi di ristrutturazione degli edifici e di sistemazione paesaggistica secondo gli stilemi del parco all’inglese. Così sistemato e come si presenta oggi, il parco era ed è considerato uno dei migliori esempi del gusto dell’epoca, tanto che in una esposizione dei giardini italiani tenutisi a palazzo Vecchio di Firenze nel 1931, quello di Villa Varda è presente con alcuni pannelli.
Il parco si estende su 18 ettari lungo il corso del Livenza e non presenta una disposizione regolare bensì del genere pittoresco-informale con l’eccezione delle aiuole a ricami di piante e fiori presso l’edificio che dovevano essere stilisticamente in sintonia con la veste rinascimentale della villa, come voleva la precettistica di fine Ottocento. Attorno ai giardinetti vi sono alberi ad alto fusto (rigogliosi cedri), che digradano verso boschetti con piante tipiche della bassa pianura friulana, permettendo all’occhio del visitatore di spaziare a cogliere i piacevoli effetti paesaggistici.
Chi progettò questa incantevole oasi non mancò di sfruttare le qualità intrinseche del luogo per valorizzare gli incantevoli effetti già naturalmente presenti. Sul retro della villa, infatti, la visuale abbraccia in primo piano il piccolo giardino a parterre, e poi oltre la balaustra in pietra spazia libera verso il fondale di ombrosa fitta vegetazione, interrotto da un varco da cui penetra la luce, riflessa e modulata grazie alla corrente del fiume.
Il parco è il risultato, quindi, dell’unione del gusto classicistico dell’edificio e di una disposizione informale ricca di memorie storiche, in cui parti di diversa origine temporale riescono a fondersi organicamente, offrendoci un’immagine complessiva di grande fascino.
Elemento dominante del parco sono i viali di tigli (alberi dai fusti esili e slanciati) che strutturano geometricamente l’intera area, facilitando gli usi agricoli e incorniciando i prati secondo una configurazione geometrica. Tale impostazione compositiva, dalla semplicità nitida e luminosa, era diffusa e comune ad altri parchi della Regione costruiti sul finire del secolo scorso come il parco Policreti a Castel d’Aviano e quello di proprietà Marchi a Pordenone. Questa scelta sottolinea il carattere autenticamente agreste, lontano da intenti retorici dei nostri giardini. Si tratta quindi di una peculiarità del parco ottocentesco veneto-friulano, che interpretava a suo modo i canoni del giardino romantico inglese, adeguandoli alle disponibilità e alle tradizioni locali.
Altre info sul sito www.villavarda.it